La manovra del popolo tra braghe calate ed artifici e raggiri.
L’Europa, dopo averla pressoché riscritta, dà il via libera alla manovra (fu) “del popolo”.
Come dire; tutti i salmi finiscono in Gloria. Di certo ad uscirne onusto non è propriamente il sovranismo inflessibile che, per mesi, ha straripato, con i suoi slogans, su ogni canale comunicativo disponibile.
Siamo, infatti, al cospetto della “calata di braghe” più imbarazzante della storia repubblicana.
Per un intero trimestre abbiamo visto due pitbull latrare minacciosi digrignando le zanne. E improvvisamente eccoli a cuccia, come il più innocuo dei barboncini. Dal campionario dei motti littori (ce ne freghiamo, tireremo dritto, non si cede di un metro ecc) allo “zitti e mosca”. E nel corso di un amen.
C’è chi ha individuato il punto di svolta nell’esito disastroso dell’asta dei titoli di Stato dedicata ai piccoli risparmiatori. Doveva essere il nostro”oro alla patria”. E si è risolto in un bagno mai visto prima. Da lì il sospetto che potesse finire veramente male avrebbe cominciato a insinuarsi in coloro che, sino al giorno prima, ostentavano la strafottenza di chi “se ne farà una ragione”. L’escalation verso il vero e proprio terrore è stata molto rapida. Come si sa il terrore ha un effetto paralizzante.
Ed infatti l’ipercinesi popolar/sovranista si è trasformata in muta paralisi. Tutti zitti e tutti fermi; a cavare le castagne dal fuoco ci pensino i vituperati ministri tecnici e il prestanome in grisaglia. I “numerini” di cui, fino a metà novembre, veniva rimarcata la natura intangibile in quanto “voluti dal popolo” diventano un dettaglio a cui non vale la pena “andarsi ad impiccare”.
E 2,04 fu.
Un dettaglio piuttosto oneroso, in verità. Oltre 4 miliardi e mezzo in meno. Già era più che dubbio che bastassero i denari originariamente salutati (al fatidico balcone) come rimedio definitivo alla piaga della povertà. Figuriamoci ora. Qualcuno, poi, potrebbe fare il calcolo di quanto ci è costato lo spread stabilmente sopra i 300 per oltre due mesi. E, dunque, quanto effettivamente valga quello 0,5 di deficit strappato al’Europa (che avrebbe chiuso subito ad 1,9 e forse anche a 2). Una tesi consolatoria che viene fatta girare tra i fans gialloverdi è, infatti, che “la voce grossa” era indispensabile per giungere all’attuale chiusura della trattativa. Come dire; se vuoi 10 devi partire con chiedere 100. Sbattendo i pugni sul tavolo e tirando la corda il più possibile. Ma se da quel dieci sottrai il costo comportato dall’estenuante intransigenza, diventa difficile sostenere la bontà della tattica aggressiva che si è voluta applicare. Soprattutto se, chiudendo subito (come diceva Tria nell’ormai lontano settembre), magari il 10 non lo portavi a casa. Ma il 9 si. Ed evitando di bruciare miliardi di €.
E, poi, ci sono gli artifici (ed anche i raggiri).
Tutti si sono chiesti ma perché proprio 2,04? Le frazioni di percentuale, di solito, si arrotondano. Era più congruo un 2,05. Inizialmente l’ipotesi che si trattasse, né più né meno, di una deliberata illusione ottica era parsa, davvero, troppo incredibile. Come pensano di poter turlupinare gli italiani giocando con lo zero virgola e facendo loro credere che, alla fine, il saldo richiesto coincide con quello ottenuto? Una roba da magliari di infima categoria. E’ bastato, poi, qualche giorno perché emergesse che lo strano numeretto era farina del sacco di Rocco Casalino, che si conferma il vero deus ex machina penta stellato. Addirittura c’è chi ha lodato come “geniale trovata comunicativa” questo gioco di prestigio da illusionista d’avanspettacolo. Ma tant’è. Così funziona nell’era del cambiamento. E c’è da stare certi che la metodologia illusionistica verrà sistematicamente praticata anche in sede di realizzazione (diciamo così..) delle mirabolanti promesse sottese alla manovra. Del resto ha già cominciato Di Maio col sostenere, con il consueto sprezzo del ridicolo, che il “modesto ridimensionamento” del deficit era dovuto al fatto che si erano accorti di avere sin troppi soldi. Già, perché, dalla platea degli aventi diritto al reddito di cittadinanza andrebbe sottratto un 10% “fisiologico”. Quelli che non lo chiedono, non si capisce se per dimenticanza, noncuranza o, magari, senso di orgoglio. Di queste fole ne sentiremo le più varie, nei prossimi mesi, quando ci si accorgerà che la coperta è talmente corta da andare bene giusto per le bambole accudite dalle infanti. La macchina propagandistica lavorerà a pieno regime (è il caso di dirlo..) per convincere i fans che le tasse sono scese un po’ per tutti (e non solo per qualche decina di migliaia di piccole partite iva) che in pensione si va finalmente tutti prima (mentre già si parla di finestre e finestrelle) che il reddito di cittadinanza riguarderà tutti i “poveri” (mentre si dovranno introdurre più paletti che su una pista di doppio slalom, destinati, peraltro, a favorire i più scaltri). Del resto stiamo parlando di un governo che non ha remore nel propalare la puerile facezia per cui fenomeni come mafia e ndrangheta possano essere sconfitti, nel giro di qualche mese, “per legge”. Attendiamoci, pertanto, “la qualunque” declinata a 360 gradi.
Poi, presto o tardi, ad intervenire con “furiosissimo sdegno” andrà ad incaricarsi il principio di realtà.
Propaganda e controllo dell’informazione possono, infatti, immunizzarlo solo in stati totalitari. Ma totalitari veri, non per metafora. A darcene una rappresentazione letteraria “definitiva” è uno dei più grandi romanzi del secolo scorso; 1984 di George Orwell. Che ci descrive un mondo plumbeo, disperato ed asfissiante. In cui lo stato esercita un controllo totale ed assoluto sui suoi sudditi. Il protagonista lavora al Ministero dell’’Informazione (che, giustamente, si chiama Ministero della Verità). Il suo compito è di correggere le notizie fornite, in passato, dai media governativi (che, ovviamente, sono gli unici) sulla base delle esigenze del presente. E così l’alto funzionario caduto in disgrazia viene letteralmente cancellato agli archivi e, magari, sostituito da un altro ancora in auge. Un po’ come nella famosa foto di Lenin da cui viene fatto sparire Trocky. Un giorno la notizia da correggere, risalente a qualche mese prima, è; “il governo porta la razione di cioccolato a 45 grammi”. La notizia “corretta” indica 35 grammi. Qualche giorno dopo la TV di Stato invita solennemente i cittadini a rendere plauso al governo che ha ottenuto un nuovo grande risultato: la razione passa da 35 a 40 grammi. Orwell, 60 anni fa, ci descriveva un incubo. Ma per Casalino e company è, oggi, un sogno proibito